CONTRIBUTO SULLE RELAZIONI STORICHE DI CARATTERE POLITICO,
SOCIO-ECONOMICO E CULTURALE TRA AMALFI E L’ISOLA DI CAPRI
Il panorama delle relazioni che hanno unito Capri alla costa di Amalfi ha origini antiche e consolidate che, ancora oggi, sono riscontrabili nelle numerose attività che caratterizzano la vita sociale, economica e culturale degli isolani. Il commercio, la marineria, il trasporto marittimo, la coltivazione della terra e la trasformazione dei suoi prodotti trovano la loro genesi nella secolare appartenenza di Capri alla potente e dinamica Repubblica marinara di Amalfi, il cui territorio, peraltro, è geologicamente collegato all'Isola che, in realtà, è un prolungamento dei Monti Lattari[1],
Nel IX secolo d.C., in seguito ad una serie di vicende politiche e militari, Capri e gli isolotti dei Galli passarono sotto la sovranità del Ducato amalfitano, divenendo così la parte più occidentale della sua giurisdizione[2]. Questa annessione assicurò agli Amalfitani vantaggi economici e strategici: numerose famiglie della costiera si trasferirono sull'isola dove acquistarono vaste estensioni di terreni, soprattutto nella zona di Anacapri, che furono messi a coltivazione e a profitto, seminando prodotti molto richiesti nei mercati dei centri vicini[3].
Sotto il profilo strategico l'isola fungeva da estremo baluardo occidentale del territorio ducale; la sua posizione geografica tra il Golfo di Napoli e quello di Salerno ne faceva una pedina fondamentale nell'articolato sistema di avvistamento e difesa[4].
Ben presto la soggezione di Capri al Ducato Amalfitano, che nel frattempo ampliava la sua potenza politica e commerciale in tutto il bacino del Mediterraneo, si estese anche all'ambito religioso, perché, nel 987, contemporaneamente all'elevazione della diocesi amalfitana al rango di metropolia, fu istituita la sede vescovile caprese come sua suffraganea[5].
L'entrata nello spazio politico ed economico amalfitano determinò un immediato sviluppo del territorio isolano ed una crescita della sua comunità che, dopo il periodo della presenza romana, era sprofondata in un grave declino sociale e culturale. Gli sfarzosi e ricchi edifici imperiali avevano subito un profondo degrado divenendo molto spesso materiale di spoglio utilizzato nella costruzione delle umili dimore degli isolani. Un'economia di pura sopravvivenza sosteneva una popolazione poco preparata a sperimentare e sviluppare nuove tecniche nelle lavorazioni della terra e nella trasformazione dei suoi prodotti. L'allevamento, poi, doveva essere poco praticato se non del tutto sconosciuto, così come la lavorazione dei latticini[6].
L'insediamento sull'Isola di numerose famiglie della costiera, che avevano intravisto le potenzialità di un importante sviluppo che il territorio caprese poteva offrire, fu accompagnata da un'estesa opera di bonifica e lavorazione dei terreni rimasti per lo più incolti ed abbandonati. Una parte considerevole di questi era situata nel versante occidentale dell'Isola (Anacapri) che, per la sua conformazione topografica più pianeggiante,era idonea alla coltura dei legumi, della vite, degli alberi da frutta ed alla pastorizia, al contrario di quella molto più accidentata della costiera. In questo modo se da una parte numerosi isolani divennero coloni e parzionari di signori amalfitani, d'altra parte da questi ultimi acquisirono tecniche e conoscenze in campo agricolo e zootecnico che furono fondamentali allo sviluppo di una robusta economia agricola ed al progresso della popolazione. A testimonianza di questa consistente migrazione e delle attività produttive praticate sull'Isola, nel XII secolo (1133), il geografo arabo Al Idrisi affermava che "l'Isola di Capri è abitata da uomini di Amalfi che vi allevano greggi"[7].
Ovviamente anche nel settore della marineria, della cantieristica e della pesca i Capresi mutuarono dagli Amalfitani tecnologie ed esperienze che, col passare degli anni, li porteranno ad eccellere nella costruzione di navi e nel trasporto marittimo. I maestri d'ascia e i calafati isolani, forti delle tecniche apprese durante il dominio amalfitano, saranno sempre richiesti ed apprezzati negli arsenali regi di Napoli sia con gli Angioini che con gli Aragonesi[8].
Il naviglio caprese percorrerà per secoli tutto il Mediterraneo spingendosi fino alle coste dell'Africa, della Corsica, della Spagna e dell'Adriatico, creando in tal modo un'estesa retedi imprese commercialie marittime[9].
Tra il IX ed il XII secolo l'Isola, dunque, partecipò attivamente alle politiche economiche ed imprenditoriali della Repubblica amalfitana, condividendo con essa progetti e obiettivi. E di essa dovette seguire anche le decisioni politiche e le alleanze militari, tanto è vero che quando si oppose all'espansionismo di Ruggero II di Altavilla, che in quei primi decenni del XII secolo stava conducendo un'agguerrita campagna di conquiste territoriali, Capri subì un lungo assedio ed una ferocissima rappresaglia da parte delle sue forze normanne comandate dal Grande Ammiraglio Giorgio di Antiochia[10].
Quando nel 1131 Amalfi perse la sua autonomia politica con l'annessione al Regno di Sicilia, le relazioni tra le due comunità non si interruppero, ma continuarono per secoli con scambi costanti di tipo culturale, commerciale, religioso e demografico.
A proposito di affinità religiose, bisogna sottolineare che le tradizioni cultuali erano comuni e radicate, dimostrando ancora una volta come le due comunità fossero reciprocamente partecipi delle consuetudini e dei comportamenti sociali. Il culto per San Costanzo[11], patrono di Capri fin dal 600 d.C., era diffuso anche in costiera: un documento del 1148 attesta l'esistenza di una chiesa a lui dedicata a Vettica Maggiore[12]. Allo stesso modo, le chiese intitolate a S. Andrea, patrono di Amalfi, erano più di una sul territorio isolano: S. Andrea de Portula, S. Andrea extra portam, S. Andrea in sciabica[13].
Sotto il profilo architettonico non si può ignorare che le impostazioni urbanistiche e costruttive di Capri, specie nei quartieri più antichi, risentono, in modo impressionante, dei modelli amalfitani con esempi straordinariamente identici e sovrapponibili. Edifici pubblici e privati,realizzati sia durante "il periodo amalfitano" (IX-XII secc.) che dopo, mostrano ancora oggi caratteristiche e stilemi molto simili a quelli di Amalfi ed Atrani. Il successivo sviluppo urbanistico, avviato nel corso del XIV secolo dal nobile caprese Giacomo Arcucci, la cui famiglia era originaria di Ravello, subì l'influsso diretto delle tecniche costruttive tipiche della vicina costiera che si possono osservare, per esempio, nella trecentesca Certosa di San Giacomo[14]. Ancora nel XVII secolo furono impiegate maestranze amalfitane nella costruzione della Cattedrale di Santo Stefano che si affaccia sulla piazza di Capri[15]. Le volte a crociera, presenti in molti edifici di vari centri della costa di Amalfi, sono visibili nella stessa Certosa e in molte case dei rioni storici[16].
Lo stesso idioma e, in particolare quello specifico dell'ambito rurale e marinaresco, presenta numerose affinità e corrispondenze lessicali con quello amalfitano, frutto di costanti e continui contatti tra le due popolazioni.
La comunanza lessicale che si riscontra nel linguaggio agricolo e marittimo emerge anche dalla toponomastica delle due località,le cui radici antichissime sono sempre riferibili a quei secoli in cui l'Isola era territorio della Repubblica amalfitana. Vecchi documenti risalenti a quel periodo testimoniano l'esistenza di toponimi identici sia in costiera che a Capri, la maggior parte dei quali provenienti dalle caratteristiche territoriali e topografiche dei luoghi. Infatti, troviamo Lama per individuare un territorio paludoso o acquitrinoso, Vitirina o Veterina identifica una zona sassosa escoscesa, Trullum o Truglio descrive un accesso o un passaggio,Cannula o Cannule per indicare un canneto, Fraita e Filietto dal nome delle famiglie amalfitane de Fragito e de Filecto. E poi ancora Circito o Cercito (querceto), Caprile (recinto per le capre), e infine Castiglione e Pino, la cui origine va individuata nella presenza in quei siti di una fortezza e di alberi di pino[17].
Le relazioni e gli scambi tra i due territori non si interruppero mai, anche se, col passaggio dell'Isola dalla Provincia di Salerno a quella di Napoli, avvenuta agli inizi dell'Ottocento, molte competenze amministrative passarono a quest'ultima e, quindi, gli isolani intensificarono di più i rapporti con la capitale del Regno e con gli altri centri della Penisola Sorrentina.
Con l'avvento dell'era turistica, che ha interessato entrambe le realtà socio-economiche contribuendo ad un loro rapido e forte sviluppo, le relazioni hanno assunto più che altro un profilo essenzialmente commerciale, turistico ed occupazionale.
In definitiva, anche se con scopi, forme e metodi diversi rispetto al passato, i due territori restano comunque ancora strettamente collegati, perpetuando così un vincolo antico ed inscindibile.
Capri agosto 2024
Enzo Di TucciVice Direttore Centro Documentale dell'Isola di Capri
[1] E. Friedlaender, Capri, tradotto da Angelo De Angelis, Società Italiana Arti Grafiche, Roma, 1938, pp. 25 segg. e F. Barattolo, Capri nei tempi geologici, Parte I/II/III in "Il Caprifoglio" periodico di informazione e cultura a cura dell'Ass. Culturale A. Ciccaglione, anno 1989, agosto 1990, dicembre 1990.
[2] F. Pansa, Istoria dell'antica Repubblica d'Amalfi (Napoli, 1724), Arnaldo Forni editore, Bologna - M. Camera,Memorie storico diplomatiche dell’antica città e ducato di Amalfi, Salerno, Stabilimento tipografico nazionale, 1881.
[3]Il Codice Perris – Cartulario amalfitano – Sec. X-XV a cura di Jole Mazzoleni e Renata Orefice, Centro di cultura e storia amalfitana, 1985 - G. Ruocco, Monumenta longobarda et latina ad historiamcaprehensiampertinentia, Barca, Napoli 1948.
[4] G. Gargano, Fortificazioni e marineria in Amalfi angioinain “Rassegna del Centro di cultura e storia amalfitana”, Anno IV, Giugno-dicembre 1994, Centro di Cultura e Storia Amalfitana, Amalfi, 1994.
[5] F. Ughello, Italia sacra sive de EpiscopisItaliae et insularumadiacentium, Tomo VII, presso Sebastiano Coleti, Venezia, 1721, pp. 157-158 -P.F. Keher, Regesta pontificumRomanorum. Italia Pontificia. VIII. RegnumNormannorum – Campania,Berlin, 1935 p.400, n.1.Sull'argomento si veda: La Chiesa di Amalfi nel Medioevo, Convegno internazionale di studi per il Millenario della Archidiocesi di Amalfi, Scala, Minori, a cura del Centro di Cultura e Storia Amalfitano, Amalfi, 1996 e A. Cerenza, Le sedi suffraganee della Metropolia di AmalfiinLa Chiesa di Amalfi nel Medioevo... op. cit. pp. 91 ss..
[6]J. M. Martin,Capri, isola del ducato di Amalfi (X-XIII secolo) in “Medioevo Mezzogiorno Mediterraneo” – Studi in onore di Mario del Treppo a cura di Gabriella Rossetti e Giovanni Vitolo, Volume II ,Gisem, Liguori editore, 2000 -Mario del Treppo,Amalfi: una città del mezzogiorno nei secoli IX – XIV in “Amalfi medioevale”di Mario Del Treppo e Alfonso Leone, Giannini editore, Napoli 1977. E. Di Tucci, L'Isola di Capri nel Ducato di Amalfi (Sec. IX-XII) - Le origini della comunità, Edizioni La Conchiglia, Capri, 2008.
[7]L’Italia descritta nel libro del re Ruggero compilato da Edrisi. Testo originale in arabo pubblicato con versione e note a cura di A. Amari e C. Schiapparella, Roma 1883, Vol. 8° serie II, p.19.
[8] G. Ruocco, Capri nella sua storia e nei suoi monumenti angioini, Barca, Napoli, 1953, p. 116.
[9] G. Ruocco, Capri attraverso i suoi documenti del secolo XV nella storia del Regno di Napoli, Tipografia L. Barca, Napoli, 1955. E. Di Tucci, L'Isola di Capri in età aragonese (Sec. XV), Edizioni La Conchiglia, Capri, 2023.
[10]Alexander Telesinus Abbas, YstoriaRogeriiregis Sicilie Calabrie atqueApulie a cura di L. De Nava-D. Clementi, Roma 1991, pag.111 in Fonti per la storia dell’Italia, Istituto storico italiano per il Medio Evo.
[11]A. Hofmeister, Aus Capri und Amalfi. Der Sermo de virtuteund derSermo de transitu S. Constantii und der Sarazenenzug von 991, <<Munchener Museum fur Philologie des Mittelaltersun der Renaissance>>, 4 (1924), pp.233-272. Il Sermo de virtute è pubblicato alle pp.251-258, il Sermo de transitu alle pp. 259-272.
[12]“[...] de uno latere ponitur a parte orientis fini finem causa ecclesiaesanctiConstantii[...]”in Codice diplomatico amalfitano, a cura di Riccardo Filangieri di Candida, Napoli 1917, Stab. Tipogr. Silvio Morano, doc. CLII, anno 1148. A proposito di culti e tradizioni simili G. Sangermano così afferma <<Ma vi sono anche culti differenziati di santi tipicamente locali e che davano luogo nelle festività alle forme di mercato ricorrente delle <nundinae> quali ad Amalfi i santi Andrea e Cirico e Giulitta, ad Atrani Simeone e Maria Maddalena, a Minori Trofimena e Lucia, a Maiori l'Assunta, a Scala S. Lorenzo, a Ravello Pantaleone Trifone e Biagio, a Lettere Anna e S. Marta <a vinea>, a Capri e nella vicina punta della penisola Pietro, Costanzo e Stefano[...]>> in La Chiesa di Amalfi nel Medioevo,op. cit.
[13] G. Aprea,Le antiche cappelle di Capri, Centro Documentale dell'Isola di Capri, Capri, 1997.
[14] R. Di Stefano, La Certosa di S. Giacomo a Capri, ESI, Napoli, 1982.
[15] E. Di Tucci, La chiesa di S. Stefano di Capri, N. Longobardi editore, C.re di Stabia, 2001.
[16] A. White, L'insula capritana alla fine del secolo XIV, in Conoscere Capri, atti del 2° ciclo di conferenze sulla storia e la natura dell'isola di Capri, Capri - Anacapri, novembre 2003 - febbraio 2004, Associazione culturale Oebalus, pp. 73 ss. - R. Berardi, Capri portolano della città, Giunti, Firenze, 1994. - E. Di Tucci, L'Isola di Capri in età angioina (secoli XIII - XIV - XV), Edizioni La Conchiglia, Capri, 2017, pp. 163 ss..
[17]Il Codice Perris – Cartulario amalfitano... op. cit. - E. Di Tucci, L'Isola di Capri nel Ducato di Amalfi..., op. cit., p. 33-34.